Luci e ombre. Il ghetto ebraico.




A Roma esiste un luogo, che forse più di tutti gli altri emoziona e stupisce allo stesso tempo, per la lunga vita e il forte impatto storico: il Ghetto ebraico. Un quartiere all’insegna della storia, dell'architettura e del buon cibo che sorge nell'area oggi compresa tra il fiume Tevere all’altezza dell’Isola Tiberina, il Portico d’Ottavia e Piazza Mattei.   
La sua nascita risale al 1555 quando papa Paolo IV Carafa ordinò la costruzione del “serraglio” per gli ebrei che vivevano in città, i quali furono costretti a trascorrere all’interno di uno spazio limitato ed angusto, a ridosso degli argini del Tevere. Successivo solo di 40 anni a quello di Venezia, il più antico e proprio dal verbo veneto “ghetare”, cioè gettare, in riferimento all’atto di gettare i metalli all’interno di roventi fornaci, uno dei mestieri più diffusi tra gli ebrei del tempo, ne deriva la parola.
Passeggiando per Via della Reginella si arriva a Via del Portico di Ottavia, arteria principale, che oggi ospita numerosi  ristoranti kosher, che offrono pietanze tipiche della tradizione culinaria ebraica ma anche le pietanze romanesche per eccellenza,  un tempo  il più grande mercato di pesce attivo fino alla fine dell'800.
La quinta scenografica di questo importante mercato era il Portico d’Ottavia, un monumentale quadriportico ricostruito tra 27-23 a.C  dall’imperatore Augusto che lo dedicò alla sorella Ottavia: un’area interamente votata alla cultura con biblioteche e al centro due importanti templi, uno dedicato a Giove e l’altro a Giunone. 
Ricavata all’interno dell’antico mercato del pesce, tra i resti del Portico, in epoca medioevale, sorse la Chiesa di Sant’Angelo in Pescheria.
Il ghetto, fu smantellato definitivamente con l’avvento dell’Unità d’Italia a fine ‘800 e proprio nel suo cuore, nel 1904, venne eretto il Tempio Maggiore, la più grande sinagoga di tutta Europa, in stile Liberty con commistioni di influenza orientale.
Del muro dell’atroce “serraglio” oggi non vi è più traccia, ma le piazze, i vicoli e le vie conservano ancora la caratteristica forma intricata del ghetto di una volta, come  Via di S’Ambrogio che conduce alla Fontana delle Tartarughe, in Piazza Mattei. Realizzata alla fine del Cinquecento da Giacomo della Porta, divenuta celebre grazie all’ aggiunta delle tartarughe effettuata da Gian Lorenzo Bernini.
Camminando all'interno del ghetto, si fa un salto nel passato e si possono ammirare scorci ancora intatti e ricchi di fascino. Si leggono ancora le luci e le ombre di questa porzione di città, dagli antichi fasti romani a recinto della comunità ebraica, da sempre respinta e allontanata e non ultimo durante il secondo conflitto mondiale strappata dalle loro case. Le pietre e d'inciampo che si incontrano nelle vie del ghetto ce lo ricordano. 

Via della Reginella

Il portico d'Ottavia 


 La chiesa di S. Angelo della Peschiera addossata al Portico d'Ottavia


Il teatro di Marcello


Antica casa medievale edificata sul Teatro do Marcello


Via del Portico d'Ottavia, con i suoi ristoranti tipici


Via di s. Angelo in Peschiera
Fontana delle Tartarughe, in Piazza Mattei



Le pietre dell'inciampo

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